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Il codice della strada: atto secondo
Il codice della strada

Giornate di Studio

Il codice della strada: atto secondo


Roma 13 novembre 1993

 

 

 

IL NUOVO CODICE DELLA STRADA: PANORAMICA


PROF. AVV. GIUSEPPE ABBAMONTE
ORDINARIO DI DIRITTO AMMINISTRATIVO
DELLA UNIVERSITA' DI NAPOLI

1 - Quando nel programma del Convegno sul "Codice della Strada - Atto secondo" ho letto il tema assegnatomi, che consisteva nel solo riferimento al Codice mi sono domandato se convenisse partire da una previa individuazione di tematiche specifiche o, piuttosto, rispettando la programmazione degli interventi in cui i temi particolari ed anche generali sono affidati a singoli relatori, non dovessi pormi quasi dall'esterno, partendo da una domanda che sintetizza i problemi di fondo.

Quanto si vive sulla strada, e fino a che punto siamo condizionati nella nostra esistenza dalla disponibilità delle strade, dei mezzi di trasporto; che cosa comportano le dimensioni attuali del traffico e la relativa crescita; quali politiche possono essere adottate a salvaguardia dell'ambiente, dello sviluppo economico e della stessa condizione umana?

Sono in realtà più domande; ma chi esamina le tematiche del nuovo Codice, già scorrendo il solo testo della legge di delega n. 190/91, si trova in presenza di un ampio panorama di problemi, di interessi, di strumenti dove certamente le connessioni esistono. Quello che è difficile, però, è una visione coordinata dell'insieme: si va dalla gerarchia delle fonti al coordinamento delle competenze e dei tempi, alla individuazione dei settori di intervento. Il tutto ancor più si complica nel nostro ordinamento pluralistico che va dall'appartenenza alla comunità europea alle articolazioni interne, centrali e locali, sicché anche per la soluzione di problemi di ordine tecnico, vengono interessate le più alte Magistrature, allo scopo di delimitare competenze normative ed attuative e risolvere problemi anche gestionali, che assumono diverse angolature, anche in dipendenza della situazione e dell'autorità che interviene.

2 - Il Codice della strada è anzitutto un banco di prova per il nuovo ordinamento delle fonti quale è quello derivante dalla legge n. 400/88 ed in particolare dal suo articolo 17, poiché si è potenziata la competenza regolamentare anche dei singoli ministri. E già non sono mancate controversie per i ritardi di attuazione, in alcuni casi aggravati dal fatto che le norme amministrative previgenti erano state invalidate in sede giurisdizionale (da ultimo la sentenza del Consiglio di Stato VI Sezione 16 maggio 1993, n. 245 nell'esercizio dell'autonoleggio da parte dei Comuni) con conseguenti problemi di integrazione da compiere risalendo al sistema-metodologia, più facile da enunciare che da applicare, considerando che, in presenza di lacune, specie di ordine tecnico, ogni elemento deve essere valutato e va compiuto un lavoro ricostruttivo dove fatti e norme si illuminano reciprocamente, tali quali sono e negli aspetti che hanno assunto nelle vicende amministrative e giurisdizionali regionali.

3 - Sul piano della disciplina coordinata degli interessi e dell'attività, il problema della pianificazione è fondamentale ed il Codice l'affronta con disposizioni che coinvolgono le autorità locali e centrali e con procedure aggiornate, quali conferenze tra amministrazioni locali e statali (art. 36), e con opportuni richiami alla legge sulle autonomie locali.

Anche qui, però, in sede di attuazione si dovrà tener presente che il piano del traffico condiziona fortemente l'uso del territorio e la vita delle popolazioni e, quindi, l'organicità della disciplina impone che i problemi del traffico siano considerati in sede di piano territoriale che è il piano socio-economico del territorio e della comunità. E se il nostro Paese non è certamente all'avanguardia nella pianificazione territoriale, spesso fortemente dotata ma carente di strumenti attuativi, ciò può giustificare che in sede di formazione del nuovo Codice della Strada si sia previsto uno strumento per risolvere i problemi del traffico, ma non può certamente far credere che vi saranno sostanziali mutamenti delle situazioni in atto senza interventi di pianificazione della attrezzatura del territorio, per i quali - questo sembra vero - significative indicazioni potranno venire dagli studi condotti per la pianificazione del traffico. Ed è altrettanto vero che l'art. 36 del codice si muove nell'orbita della pianificazione e non dei divieti di traffico, cercando, per quanto possibile, di dare indicazioni sul coordinamento fra gli enti competenti ed è sperabile che gli interventi pianificatori siano opportunamente dimensionati e studiati in modo da non produrre contenzioso in luogo di ordinato svolgimento e miglioramento di qualità di vita.

4 - E direi che il primo passo verso la pianificazione sarebbe quello del riordinamento del demanio stradale, a cominciare dagli elementi che potrebbero essere arricchiti da notizie nelle modalità dell'uso delle strade, a cominciare dall'intensità dei traffici, in modo da costituire un primo supporto per la programmazione con l'ausilio di aggiornate cartografie che visualizzino ogni elemento utile.

5 - Il nuovo Codice opportunamente si diffonde sulla tipologia dei veicoli e conserva la competenza statale in tema di norme di sicurezza rinviando ai decreti ministeriali, fonte che può meglio seguire l'evoluzione delle tecniche, anche nei dettagli minimi, che, tutti, concorrono a determinare le caratteristiche dei mezzi di trasporto. E la Corte Costituzionale anche di recente (sent. n. 2/93) ha avuto modo di confermare la competenza statale nella regolamentazione della sicurezza dei mezzi. Ma la realtà attuale è ben più complessa per quel che concerne le caratteristiche dei mezzi né il codice l'ignora, perché le dimensioni assunte dal traffico incidono sull'ambiente; l'evoluzione verso il veicolo ecologico investe competenze ed interessi che si trovano di fronte a problemi di soluzione tuttaltro che agevole, dove salute, economia e sviluppo si condizionano a vicenda e dalla tecnica si passa alla politica, con incertezza di parametri di valutazione e continua esigenza di verifica di risultati per evolvere verso nuove discipline, alla ricerca di equilibri sempre più condizionati che si cerca di avallare, in definitiva, con il consenso degli interessati.

Ed allora forse si comprende meglio la diffusione delle norme del codice, i rinvii a regolamenti di là da venire, le non infrequenti dilazioni dell'entrata in vigore e gli errori che non mancano.

In realtà ci si trova in presenza di una disciplina multisettoriale, che investe un fenomeno massivo qual è quello della circolazione stradale che è, poi, la forma più diffusa di movimento degli uomini e delle cose e non vi è settore degli interessi umani che possa dirsi non condizionato dal modo e dai mezzi con cui ci si muove.

Ed allora quale metodo di studio indicare, come partecipare alle esigenze di miglioramento della situazione passando dalla protesta, spesso fastidiosamente sonora, alla proposta?

Una prima indicazione può darsi in una duplice direzione e può essere fornita da ciascuno di noi e consiste nell'osservazione continua e per quanto possibile, nella conseguente autoregolamentazione, avendo presente che in tutti i fatti di convivenza - e tale è la circolazione - l'autolimite è di per sè stesso produttivo.

Ed abituandosi a concepire la nostra comunità nazionale come una risultante di comunità coesistenti e, possibilmente, coordinate, occorre operare in seno alle comunità minori con precisazione di dati, comunicazioni di esperienze e, possibilmente, elaborazioni di proposte, iniziando in sede di istituzioni locali un colloquio che potrà condurre via via che si svilupperà in tal senso il costume, ad una programmazione informata che migliori mezzi e comportamenti avviando alla civiltà anche sulla strada.